10 Ottobre 2023

La Pratica Psicomotoria Aucouturier

Nell’ambito della pratica psicomotoria, in cui negli anni sono state sviluppate varie differenti proposte, si inserisce la Pratica Psicomotoria Aucouturier, l’originale pratica nata più di 50 anni fa che mette al centro la spontaneità di apprendimento del bambino attraverso l’azione e il gioco.
“È bene ricordare che il gioco è esso stesso una terapia”
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La Pratica Psicomotoria Aucouturier (di seguito indicata con l’acronimo PPA) è un’attività specifica tesa a promuovere la salute psichica del bambino che si esprime attraverso le vie del corpo, del gioco e dell’azione. Essa permette di far progredire l’espressività motoria di ciascuno, cioè la possibilità di raccontare il suo mondo interno, il suo benessere e malessere, proprio attraverso queste vie.

Perché questo è importante? Perché permette la distensione di quelle tensioni interne e di quei “nodi” emotivi che se non vengono in qualche modo “portati fuori da sé” rimangono nel corpo e possono dare origine a somatizzazioni, delle vere e proprie rappresentazioni attraverso il corpo dello stato interno della persona, delle sue tensioni, talvolta della sua storia di sofferenza. Alcuni esempi di somatizzazione possono essere problemi o difficoltà a carico degli organi, a livello di respirazione, digestione, pelle, problemi a carico delle funzioni sensoriali, dei muscoli, delle articolazioni, delle ossa, ipertonicità o ipotonicità, ma anche difficoltà nella motricità globale o fine, nell’esplorazione dell’ambiente, nella relazione con gli altri, difficoltà nel gioco spontaneo, nella regolazione del gesto con passaggi all’atto esplosivi, improvvisi, aggressivi, difficoltà a costruire il proprio Sé e poco interesse per le attività di creazione. Quando queste manifestazioni corporee non hanno un’evidente causa organica, può trattarsi di somatizzazioni di diversa natura e gravità che portano, se non opportunamente trattate, per esempio con la terapia somato-psichica che è uno dei livelli a cui si può sviluppare la PPA, ad un malessere esistenziale che accompagna l’individuo lungo tutto il corso della sua vita.

È importante però sottolineare che la possibilità di esprimere i propri stati interni con i mezzi più consoni in relazione all’età (e fino ai 7/8 anni circa il mezzo privilegiato è il gioco spontaneo, per poi passare ad altre forme di espressione tra cui anche il linguaggio verbale) è fondamentale per tutti i bambini, non solo per quelli che manifestano delle difficoltà specifiche, poiché assume un importante valore educativo e preventivo permettendo al bambino non solo di distendere e “diluire gradualmente” le sue naturali tensioni, ma anche di affinare sempre di più quella capacità di rappresentare ciò che sente. Questo è fonte di benessere e garanzia della possibilità di trovare dentro di sé quelle risorse che servono per superare le imprevedibili difficoltà che la vita ci mette davanti. “È bene ricordare che il gioco è esso stesso una terapia” scriveva Winnicot.

La PPA nasce dalle intuizioni di Bernard Aucouturier negli anni ‘70 del secolo scorso, quando il giovane Bernard, a contatto con bambini molto compromessi a livello fisico e con altri considerati “difficili” per il loro comportamento, sperimentò come un ingaggio corporeo ed emozionale, in cui lo scambio attraverso il  linguaggio verbale era minimo e non vi era nessuna pretesa di insegnare direttamente qualcosa, quanto piuttosto l’intento di far vivere giochi tonicamente ed emozionalmente molto stimolanti, portava a dei cambiamenti importanti sia nel comportamento che nella predisposizione all’apprendimento di questi bambini. Cominciò quindi a creare delle proposte educative centrate sull’espressività del corpo, fino a proposte di aiuto terapeutico, convinto che l’incontro con il bambino ad un livello non verbale fosse l’unico punto di partenza possibile per tutta la sua evoluzione futura (motoria, affettiva, dell’immaginario e cognitiva) e sostenuto in questo dalle conferme che progressivamente giungevano dagli studi in ambito neuropsichiatrico, psicologico, psicanalitico a cui continuamente si rifaceva. Propose un approccio globale in cui tutte le funzioni venivano sollecitate nello stesso momento (importantissima differenza rispetto ad approcci riabilitativi che si concentrano su un’unica funzione “danneggiata”), un approccio che considerava quindi la persona nella sua unità di corpo, mente ed emozioni e che poneva il piacere condiviso, la reciprocità degli scambi e l’ascolto emozionale attento e presente come punti fondamentali per la maturazione del bambino.

(Per approfondimenti si veda il sito dell’Ècole Internationale Aucouturier: www.eia-ppa.org)

La Pratica Psicomotoria Aucouturier è quindi sostenuta oggi da numerose scoperte e conferme neuroscientifiche che si sono susseguite negli anni principalmente in due ambiti che rappresentano i presupposti su cui si fonda la pratica stessa.

Il primo è il concetto di “mente incorporata ossia l’esistenza di un legame profondissimo e imprescindibile tra corpo, azione, emozione e cognizione del bambino: la mente è nel corpo, “non c’è nulla nella mente che prima non sia stato nei sensi” scrive Mauro Polacco nel suo libro “Psicoterapia quasi senza parole”, ribadendo come lo psichismo del bambino si costruisca a partire dall’esperire il mondo attraverso i sensi grazie all’aiuto di “un altro”, in primis la mamma, che dà senso alle esperienze che il piccolo bambino vive trasformandole in pensieri e in parole. Questo pone al centro anche il tema dell’interazione con l’ambiente come fattore determinante per la crescita del piccolo di cui avremo modo di parlare in altri approfondimenti.

Il secondo punto fondante la PPA è l’importanza del gioco spontaneo, da intendersi come il mezzo più immediato con cui il bambino racconta della sua storia personale, gioco che prende origine da quella che viene definita memoria implicita o memoria somatica, che contiene le tracce dei primissimi scambi tra il bambino e la mamma a partire dalla gravidanza e durante i primi due anni di vita del bambino. Di queste interazioni precoci noi non ricordiamo nulla, tuttavia esse non sono dimenticate e, anzi, sono estremamente importanti poiché continuano a condizionare tutta la nostra vita affettiva, emozionale e cognitiva, quindi in effetti la persona che siamo, lungo tutto il corso della nostra esistenza. Questa memoria arcaica alimenta un serbatoio inconscio di immagini le quali, proprio per il carattere esclusivamente biologico della memoria di corpo, non possono essere recuperate a parole, ma possono affiorare solo attraverso una via simbolica, ad esempio, appunto, quella offerta dal gioco spontaneo nel bambino oppure, per noi adulti, alcune attività artistiche a cui possiamo dedicarci. Per il bambino il gioco spontaneo è il canale elettivo con cui può “dar voce” senza parole alle sue immagini e alle sue emozioni più profonde.

Ma perché è così importante poter giocare queste immagini, cioè tradurle in azioni? Ci rispondono le neuroscienze che dimostrano che mentre giocano spontaneamente i bambini costruiscono la loro rappresentazione di sé e del mondo, i loro pensieri e la loro persona; riescono a distendere le tensioni, riescono a rassicurarsi rispetto alle loro angosce, a trovare soluzioni di fronte alle difficoltà, a sopportare anche la frustrazione e dare un senso a ciò che vivono; riescono a prendere un po’ di distanza dalle loro intense emozioni, a non restare imprigionati in esse, a non lasciare che la pulsione guidi l’azione, ma a permettere che ci sia in mezzo un pensiero.

È il coinvolgimento corporeo ed emotivo (ossia l’agire a partire dalla sensazione e dall’immagine che grazie ad essa si risveglia) che sostiene e permette i processi di apprendimento. Perfino il linguaggio può essere definito come “un sapere del corpo” che si può acquisire solo tramite l’imitazione e la pratica esattamente come i movimenti.

Quindi a noi forse sembra banale, ma per i bambini il gioco è importantissimo e talmente reale che può far cambiare delle cose, anche a livello psichico, proprio perché muove ormoni e neuroni.

Al centro della PPA c’è dunque il gioco spontaneo e saper dare un senso al gioco del bambino, leggendo il suo legame con la storia personale di ciascuno, è proprio uno degli aspetti più importanti del lavoro dello psicomotricista. Un bambino che riesce a esprimere la sua interiorità attraverso questa via simbolica offerta dal gioco spontaneo è un bambino che potrà trovare dei mezzi per rassicurarsi in merito alle sue paure, per superare le difficoltà, per affrontare i problemi senza farsi troppo pervadere dalle emozioni che vive, ma creando progressivamente quella distanza che rende, contemporaneamente più stabili e centrati nel corpo, più regolati nelle emozioni e più lucidi e organizzati anche sul piano dei pensieri.

Tuttavia, sebbene forse non sia facile immaginarlo, non tutti i bambini riescono a giocare spontaneamente in questo modo, alcuni fanno fatica per diverse ragioni. Proprio per questo la PPA si sviluppa a due livelli: quello educativo e quello di prevenzione e di aiuto, fino all’aiuto terapeutico.

A livello educativo la PPA si configura come un accompagnamento ad una sana ed armoniosa maturazione psicologica e si rivolge a quei bambini che non presentano particolari difficoltà a casa, a scuola, nelle relazioni, nella regolazione delle loro emozioni. In questo caso gli obiettivi del lavoro in sala saranno favorire al massimo lo sviluppo della funzione simbolica che permette al bambino di rappresentare i suoi stati interni, il suo benessere e malessere, attraverso il gioco, l’azione e la creazione; permettere di conseguenza tutti i processi di rassicurazione profonda che portano ad un benessere globale e favorire la capacità di prendere distanza dalle emozioni e dar loro un senso per poter infine arrivare ad esprimerle senza agirle. Questo è ciò che permette anche di essere più aperti a tutti gli apprendimenti, compresi quelli scolastici, e al pensiero.

Accedono invece alla PPA di aiuto in piccolo gruppo o individualizzato quei bambini che presentano delle difficoltà a casa o a scuola, che non riescono spontaneamente ad utilizzare il gioco come un mezzo per rappresentare i loro stati interni, per rassicurarsi profondamente e arrivare alla decentrazione tonico-emozionale sopra descritta. Sono bambini che “trattengono” delle emozioni nel corpo sottoforma di vere e proprie somatizzazioni, come accennato in apertura. Permangono per questo in uno stato di agitazione o inibizione motoria, manifestano spesso comportamenti indesiderati come scoppi di rabbia, aggressività, difficoltà nell’ascolto di adulto e pari, presentano delle paure eccessive o apparentemente immotivate, possono avere difficoltà con il sonno, con l’alimentazione, con il controllo sfinterico, difficoltà di linguaggio, di concentrazione, di pianificazione delle azioni, di organizzazione dei pensieri, fino alle difficoltà di apprendimento non supportate da cause organiche accertate (ad esempio handicap, disturbi specifici ecc.).

È necessario in questi casi un intervento di aiuto a vari livelli, dalla prevenzione, affinchè le suddette difficoltà non si sedimentino, fino alla terapia, che potrà svolgersi in piccolo gruppo o individualmente e che avrà come obiettivo principale quello di ampliare le possibilità di comunicazione del bambino, accogliendo e comprendendo i segnali inviati dal corpo e dalla motricità e mettendoli in relazione con il suo mondo interno per far prendere loro senso e ripristinare così quel legame somato-psichico fondamentale per stare bene.

Punto cardine della PPA sia a livello educativo che di prevenzione e aiuto è il piacere. In particolare, il piacere di agire, di correre, di saltare, di scivolare, di arrampicare, di distruggere grandi torri di cuscini, di identificarsi. Questo è il punto di partenza di un itinerario di maturazione psicologica che conduce fino al piacere di pensare, progettare, creare, parlare, comunicare. Condividere o restaurare il principio di piacere è ciò che permette la profonda trasformazione della persona e che fa sì che la PPA possa essere una speranza e un aiuto straordinario per ogni bambino, anche per quello maggiormente in difficoltà.

Per riprendere Polaccola PPA nel suo più recente sviluppo si inserisce perfettamente nella rilettura che della psicoterapia hanno fatto le neuroscienze e, soprattutto, nella rilettura psicodinamica della teoria dell’attaccamento per l’importanza data alla relazione, all’empatia, al coinvolgimento del corpo nell’informazione emotiva, all’acquisizione dell’identità”.

Martina Agnoli