17 Novembre 2023

Crescere con gli schermi digitali

L’uso dei device in età evolutiva rappresenta un problema di salute, laddove per salute intendiamo, come da definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale, aspetti interconnessi e non separati. Gli schermi interferiscono con la salute a tutti questi livelli.
“Offrire gli schermi ai figli permette ai genitori di non pensarli”

Marco Grollo
Tempo di lettura: 3 min

L’uso dei device in età evolutiva rappresenta un problema di salute, laddove per salute intendiamo, come da definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale, aspetti interconnessi e non separati. Gli schermi interferiscono con la salute a tutti questi livelli: a livello fisico determinano il rilascio di una serie di sostanze che vanno a modificare l’assetto neurobiologico dell’individuo, causando, a livello mentale, una situazione di dipendenza e, sul piano sociale, la tendenza a chiudersi in se stessi per continuare a fruire di quel tipo di stimolazione piuttosto che aprirsi alle relazioni.

Quindi non ci sono dubbi sul fatto che permettere ai bambini di usare i device sia molto rischioso per il loro benessere, ma purtroppo spesso i genitori non ne sono consapevoli, non sono informati e di conseguenza operano delle scelte che hanno delle ricadute importanti sullo sviluppo.

Marco Grollo, insieme ai colleghi con cui ha scritto il libro “Crescere con gli schermi digitali” e il libro “Pediatri custodi digitali” (ed: I AM Edizioni, info@iamedizioni.com), ha ben colto questo bisogno di informare i genitori in modo semplice e immediato e ha avuto l’eccezionale intuizione di coinvolgere nel suo intento divulgativo figure che per la loro professione si interfacciano quotidianamente con i genitori come i pediatri, gli educatori, gli insegnanti per renderli dei preziosi alleati nel far arrivare i messaggi contenuti in queste guide a più genitori possibili e creare una comunità educante consapevole, che tenga una linea comune rispetto ad un tema così importante.

Nella mia esperienza di psicomotricista incontro spesso bambini che mi vengono presentati dai genitori come in difficoltà sul piano del comportamento, della regolazione delle emozioni, ma anche sul piano delle relazioni o degli apprendimenti scolastici. Mano a mano che lavoro con loro, mi trovo quasi sempre (o forse sempre) a constatare che gli stessi bambini utilizzano in modo eccessivo gli schermi, soprattutto i videogiochi, spesso senza alcun controllo da parte degli adulti. Certo, non è questa la sola causa delle loro difficoltà, ma sono convinta ne sia un potente amplificatore.

Gli schermi vanno ad alterare la soglia che deve avere uno stimolo per risultare interessante, propongono immagini colorate, luminose, sonore, in movimento, tutte caratteristiche che attraggono enormemente i bambini, ma che impediscono al contempo di interessarsi a degli stimoli meno “accattivanti” dal punto di vista percettivo, ma certamente più adeguati e utili per lo sviluppo dei piccoli. Il bambino ad esempio perderà interesse per andare a scoprire il mondo attraverso i cinque sensi, aspetto che sappiamo essere fondamentale affinchè si possa risvegliare in lui tutto l’immaginario e il simbolico alla base dei suoi giochi spontanei. Perderà interesse nell’incontrare altri bambini e interagire con loro, sviluppando così una chiusura e una mancanza di scambi importanti per la sua crescita e il suo benessere.

Inoltre la capacità che i bambini hanno fin da piccolissimi di scorrere con il ditino sullo schermo per cambiare contenuto ancor prima che sia terminato ciò che stanno guardando non permette di allenare una funzione fondamentale dell’attenzione che è la persistenza sul contenuto. Questo ha delle ripercussioni in molti aspetti della vita quotidiana che richiedono di rimanere concentrati e anche, naturalmente, sugli apprendimenti scolastici: l’attenzione è come un muscolo, funziona bene se viene correttamente esercitata e potenziata!

Infine i bambini che utilizzano per molto tempo i device diventano dipendenti dagli stessi: l’attivazione del circuito della dopamina farà sentire al bambino di non poter più fare a meno di quella stimolazione e si andrà incontro a vere e proprie crisi inconsolabili nel momento in cui, per esempio, gli adulti negheranno la possibilità di fruizione.

Tutto questo ha delle ricadute importanti sul gioco spontaneo del bambino, che come sappiamo è uno strumento fondamentale per la costruzione della persona e dei pensieri. Ribadiamo ancora una volta che solo il coinvolgimento corporeo ed emotivo sostiene e permette tutti gli apprendimenti, l’immobilità davanti agli schermi, al contrario, è da vedersi come passività che compromette tutto il percorso evolutivo del bambino. Se normalmente un bambino dovrebbe poter giocare attingendo alle sue idee e alle sue emozioni più profonde, quando c’è un uso eccessivo e smodato dei device il bambino tende quasi esclusivamente a riprodurre immagini che ha visto e le riproduce tali e quali! Non c’è trasformazione, non c’è evoluzione, non c’è pensiero, non c’è rassicurazione, se non (forse) una falsa rassicurazione. Il bambino rimane nell’eccitazione del personaggio che imita, rimane nel groviglio dell’emozione che lo porta generalmente a muoversi continuamente e senza scopo. Inoltre non c’è attesa, non c’è possibilità di differire il soddisfacimento del desiderio, quindi non c’è simbolico! C’è tutto e subito! Come nel digitale che non offre possibilità di crescere!

Le neuroscienze hanno confermato che per pensare il bambino deve prima poter agire, ma per poter agire (e quindi sentire di esistere!) deve prima poter immaginare, deve avere accesso a quel serbatoio inconscio di immagini ed emozioni proprie che si formano a partire dalle primissime interazioni, nel tempo della gravidanza e nei primi anni di vita del bambino.

Ecco dunque che ritorna centrale il tema della relazione. È importante poter condurre i genitori ad una duplice riflessione: per prima cosa ricordare che i bambini imparano dall’esempio, quindi chiedere loro se sanno porsi dei limiti nell’uso del telefono, della televisione, del tablet, soprattutto quando sono in casa con i loro figli; e poi far presente che spesso gli schermi diventano dei sostituti di relazione. Immaginiamo una mamma che sta allattando il suo bambino neonato e invece di guardarlo, dirige la sua attenzione al cellulare, scorrendo le pagine social o parlando con un’amica: quel bambino vivrà una mancanza di sguardo, un potente interruttore emozionale di relazione che ci permette di costruire la nostra identità nel tempo. Immaginiamo un bambino di un anno che ancora non sa parlare, ma che cerca di comunicare con i suoi genitori e pensiamo a cosa può sentire dentro di sé se mamma e papà sono impegnati a guardare il telegiornale o un programma televisivo: probabilmente, oltre alla mancanza dello sguardo, vivrà anche una mancanza a livello di ascolto e di attenzione, aspetti fondamentali dell’interazione, della comunicazione, della percezione del valore di sè. Immaginiamo ancora un bambino di due o tre anni che sta inscenando un grande “capriccio” perché non può fare come vuole e per calmarsi i suoi genitori gli offrono uno schermo. Certo, presto quel bambino smetterà di piangere e i genitori si sentiranno sollevati, ma a che prezzo?

Come ha detto Marco Grollo nel suo intervento durante la giornata della salute mentale: “offrire gli schermi ai figli permette ai genitori di non pensarli”. Ma i device non possono essere strumenti che riempiono il vuoto relazionale!I bambini devono poter trovare nei genitori persone che intercettano e rispondono ai loro reali bisogni e che, attraverso la cura e l’amore, ricostruiscono simbolicamente quell’involucro di protezione di cui ciascuno ha bisogno per stare bene, sentirsi sicuro e aprirsi al mondo.

Su questo tema vi invitiamo a vedere anche il video: “Gli schermi: un pericolo per le immagini dei bambini” nella sezione “video” di questo sito (clicca qui!).

Martina Agnoli